Non è questa la sede per riassumere quel ginepraio di principi, massime etiche, visioni del mondo, manifestazioni storiche, personaggi di sicura moralità, che fu la scuola stoica nel mondo antico. Basti qui ricordare che, nata in Grecia con presupposti mistici che volevano il mondo come una manifestazione del logos e l’uomo come un microcosmo che per essere felice deve trascendere le passioni e conformarsi ad esso nella contemplazione, si evolvette poi nella Stoà della romanità come una regola di vita e di pensiero dai forti tratti civili, esaltando le virtù e l’azione rivolta al bene comune. L’impossibilità, nella corruzione dilagante all’interno del panorama dell’Impero, di perseguire un’esistenza dedita al sommo bene, portò alcuni esponenti di questa filosofia ad uccidersi. È il caso di Catone Uticense, Marco Giunio Bruto, Seneca, ed altri. Patronimico (130 d.C.), saggio dotato di grandissimo intelletto ed eccezionalmente precoce, capì prima di ogni altro l’impossibilità di coltivare la propria apatia coniugandola con l’impegno sociale e civile e visse pochissimo. Appena che fu fuoriuscito dal ventre materno, si gettò con foga contro il pavimento sfasciandosi la testa. Stoico fra gli stoici, fu talmente radicale nella sua condotta che non si dette il tempo di sviluppare un pensiero che valesse la pena di venir riportato.
dal Manuale di filosofia fantastica (Link, 2022)