DESTINO O LE VITE POSSIBILI

1

Sono passati trent’anni dall’ultima volta che ci siamo visti. Lui per me poteva essere morto, io per lui potevo essere morto. Ma poi gli ho scritto un messaggio che non ha ricevuto risposta per cinque o sei settimane. Perciò ormai mi ero convinto che fosse morto, o che – ma è quasi lo stesso –  non avesse  nessuna voglia di rispondere, di riesumare il ricordo di quella che per lui, e un po’ anche per me, è un’altra vita, o la vita di un altro, uno sconosciuto incrociato una volta a un semaforo, dove di solito ci guardiamo senza farci notare in attesa del verde. Confesso che quando ho ricevuto il suo messaggio non ho avuto la forza di rispondere, ho pensato che fosse meglio far finta di essere morto.

2
Io sono partito per l’Argentina, dove ho aperto un’armeria. Lui si è trasferito in Francia, dove sbarca il lunario come rappresentante di farmaci antidepressivi. In Argentina, per l’esattezza a Mar del Plata, mi sono sposato, ma tre anni dopo mia moglie mi ha lasciato per un fabbricante di mine antiuomo. In Francia, a Montpellier, per l’esattezza, lui si è sposato ma cinque anni dopo ha lasciato la moglie per una trapezista boliviana arrivata in città con il circo internazionale Astra. La moglie ci è rimasta malissimo, e anche il marito della trapezista, Ursus, mangiafuoco e addestratore di cavalli. E dire che il mio amico aveva sempre detestato il circo. Si vede che era proprio destino che lui e la rossa trapezista si incontrassero.

3
Lui vive da dieci anni ad Abbiategrasso sotto falso nome perché ha visto quello che non doveva vedere o avrebbe fatto bene a non vedere o almeno a non dire di aver visto: insomma, si era cacciato in una situazione davvero complicata e ora, come ho già detto, da dieci anni vive ad Abbiategrasso, dove non c’è nemmeno un cinema, lui che ama il cinema più di quanto Porfirio Rubirosa e Franco Califano amavano le donne. Io sono da quindici anni sergente della Legione straniera, e nel tempo libero scrivo fiabe, che nessuno vuole pubblicare. Ogni tanto, di sera, guardando la luna, penso a lui e rimpiango i bei tempi della giovinezza. Ma erano davvero belli, quei tempi, o sono solo cose che si dicono quando non abbiamo nient’altro da dire?

4
Io sono indeciso se sposarmi oppure continuare a convivere con la mia bella fidanzata. Lui è già sposato, e indeciso come me, ma il suo dilemma riguarda l’amante: lasciarla o non lasciarla? Io sono deciso a smettere di fumare, di bere, di scommettere sui cavalli e di guardare col binocolo la donma della finestra di fronte. Lui si è finalmente deciso a lasciare Maurizia, l’amante, ma ha deciso di farlo lunedì prossimo; in cuor suo spera che lunedì prossimo non arrivi mai, anche se sa benissimo che è una speranza folle. (Detto tra noi, lui, il mio amico dei bei tempi, è sempre stato un po’ strano). Io poi non mi sono sposato. Lui poi non ha lasciato l’amante.

5

Lui, dopo aver scritto tre romanzi d’avventura che hanno lo stesso protagonista, un esploratore biondo con gli occhi azzurri esperto di culture precolombiane, si iscrive a una scuola di tango con la speranza di incontrare l’anima gemella. Non l’incontra, ma in compenso scopre di avere il tango nel sangue. Io, dopo aver scritto due manuali su come allevare lumache, non so più cosa fare e divento monaco buddista. Per vincere il senso di solitudine che mi prende alla bocca dello stomaco e mi fa venire voglia di piangere appena comincia a far buio, mi iscrivo a un corso serale di tango, ma scopro di non avere quel maledetto ballo nel sangue. Viviamo da cinque anni nella stessa città, Pisa, ma non ci incontreremo mai. Destino, Pisa è una piccola città e tutti frequentano gli stessi posti.

6
Lui e io ci incontriamo per puro caso (destino) in un bar di Piacenza, nella grande piazza con i cavalli di bronzo. Ci abbracciamo, ci diamo delle affettuose pacche sulle spalle e ridiamo ricordando vecchie battute e buffi episodi dei bei tempi andati. Solo che dopo non sappiamo che dire, da dove cominciare, indecisi come siamo tra matrimoni, amanti, mestieri, nazioni, mogli, sogni, ambizioni, frustrazioni, nostalgia, rimpianti, ricordi, altri ricordi, altri ricordi ancora, mine, altre frustrazioni. Così ci salutiamo e ognuno se ne va per la sua strada, che nessuno dei due sa quale sia e se sia quella giusta.

7

Da qui tutto appare in una luce diversa. Sì, lo so, qualcuno lo diceva ma noi non gli davamo ascolto, avevamo altro per la testa, io a Mar del Plata e lui Montpellier o ad Abbiategrasso, vicino Milano. Non si ha mai tempo per le cose importanti, e invece bisognerebbe trovarlo, per non avere rimpianti. Ora lo sappiamo, così come sappiamo che il tempo della giovinezza è il miglior tempo della vita. Ma a che ci serve saperlo dato che siamo tutti e due morti?

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