MALEBOLGE E PASQUALE

quell’altro della separazione radicale della sostanza pensante da quella corporea, l’Io Penso dall’Io Sono. Su questo aspetto della sua filosofia s’interrogarono soprattutto Geulincx e Malebranche, tra i pensatori leciti, e Francesco Malebolge (1623 – 1712) tra quelli illeciti. Malebolge rilevò che la sostanza corporea (res extensa) e quella pensante (res cogitans) sono immediatamente intuite l’una dall’intelletto e l’altra dal bisogno insopportabile di grattarsi una parte del corpo che prude, ne consegue che su Dio come causa prima delle idee e dell’estensione non vale più di tanto la pena indagare. Rimane da spiegare come due piani di realtà che pur avendo la stessa causa esistono in modo assolutamente autonomo e separato possano procedere di pari passo, corrispondersi nell’intelletto, poiché pensiamo le cose e le cause che le legano. Insoddisfatto della teoria dei due orologi perfettamente sincronizzati da un Dio orologiaio, l’originalità della sua filosofia fu invece ipotizzare una terza sostanza (res eterea) che mette in accordo le altre due. Essa è generata in prima istanza da un tale suo vicino di casa di cui non ci è giunto il nome e s’infonde nell’universo come una poltiglia impalpabile ma necessaria e collega le idee ai corpi.

 

Va menzionato anche Pasquale (1631 – 1706), che similmente al suo eteronimo amico Blaise Pascal fu affascinato dalla portata drammatica del dubbio cartesiano. Da esso trasse l’impossibilità dell’uomo di accedere ad un qualsiasi tipo di conoscenza fissa, ferma, indubitabile che possa salvarlo dalla tremulità dell’esistenza. Dipinse con savoir faire di letterato l’angoscia della condizione umana e fu cantore dell’incertezza e dell’ignoranza. Dei suoi scritti si è salvato poco o nulla, ma ci è rimasto il seguente distico di inarrivabile portata poetica: “il cuore ha due ventricoli, che la ragione conosce solo se è quella di un dottore, o eventualmente di un qualche appassionato di anatomia.” Si rammenti che all’epoca l’ignoranza dilagava quasi più estesamente che adesso. Ci è noto anche l’aneddoto per cui, avendo individuato nella fede cristiana una possibile ancora di salvezza, propose proprio a Pascal una scommessa di questo tipo: “Scommetto cinque franchi che hai la mano più grande della faccia.” La storia vuole che Pascal abbia avvicinato la mano ben distesa al volto per provare l’errore di Pasquale e che questi l’abbia colpito con una violenza tale da farlo dubitare della loro amicizia, e successivamente – pian piano – di tutto il resto. Sconvolto dal senso di colpa Pasquale si aprì i polsi poco dopo. Non è certamente un pensatore di rilievo, ma va notato come sia stata proprio la sua incursione nella filosofia a dare il La alla riflessione del ben più celebre amico.

 

dal Manuale di filosofia fantastica (Link, 2022)

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