Marcovaldo (1452 – 1534) fu assieme a Machiavelli e Thomas Hobbes precursore della moderna scienza politica, sociale e storica. Riassumere la totalità della sua opera sarebbe impossibile in queste pagine a causa dell’eterogeneità della stessa, che spazia dalle poesie alle tragedie, dai trattati politici ai romanzi, e anche del fatto che essa è per lo più noiosissima e di scarsissima originalità. Ciò nondimeno, Marcovaldo è stato un pensatore rivoluzionario per quanto concerne la teoria dello Stato e della Sovranità; tanto fu importante, benché sommamente ignorato dalla maggior parte dei posteri, che per la prima parte della sua vita – trascorsa in Inghilterra – fu noto ai meno come il Machiavelli d’Inghilterra, e per la seconda parte – passata in un’Italia in subbuglio – come l’Hobbes di Pozzolatico. Sfortunatamente per lui, Machiavelli non era apprezzato oltremanica, né Hobbes al di qua di essa. Il suo capolavoro, intitolato Le Pulci, si sviluppa come cercherò d’illustrare. Allo stato di natura, che non è una finzione intellettuale ma un momento storico circoscritto agli anni tra il 456 e il 731, gli uomini camminano sulle mani gridando come assatanati e ogni operazione, anche semplicissima, di sostentamento di sé stessi è resa complicatissima dalla posizione capovolta e dall’uso dei piedi per le attività prensili. Ad un certo punto (nel 731) nel marasma generale un tale perde l’equilibrio, si erige sui piedi, spiega il trucco agli altri che si erigono a loro volta e firmano un patto che fonda lo Stato e la Società. Tutto sembra andare per il meglio, ma il mal di schiena causato dall’adattamento alla nuova posizione diffonde il malumore e scoppiano guerre, violenze di ogni tipo, assassinii, ingiustizie. Per i moderni raggruppamenti sociali interessati alla preservazione dell’incolumità individuale e di un certo minimo benessere è dunque saggio costituirsi in monarchie assolute tiranniche e sanguinarie, di modo che tutta l’aggressività risulti concentrata nelle mani di un unico individuo psicolabile che si occupi di sfogarla su qualche povero malcapitato attraverso un sistema di giustizia iniquo che non ha possibilità di arrivare a lui. Poiché non è possibile che una società sia composta per metà da tutori della legge, metà meno uno da altre persone, e dal Sovrano, gli oppressi saranno sempre in misura minore della totalità delle persone e dunque questo è uno Stato buono. Ma poiché tutti hanno diritto a tutto indipendentemente dalla loro caratura in qualsivoglia ambito dello scibile ed ogni opinione sul maiale è valida, quella dell’allevatore, quella del macellaio, quella della guardia giurata e quella del boscaiolo, allora la sovranità non può concentrarsi in un solo individuo. Essa dovrà dunque essere come le pulci ed attaccarsi a tutti in misura della loro sporcizia, pur mantenendo una sua unità nell’abiezione folle che la caratterizza. Prenderà così forma lo Stato moderno, dove tutti sono al sicuro e la pochezza dell’individuo è essa stessa garanzia del suo benessere. L’elaborazione del trattato occupò Marcovaldo per due anni interi, in cui vi si dedicò giorno e notte senza distrazioni di sorta. Mangiò pochissimo, non si lavò mai e credette infine di individuare in sé stesso la figura del sovrano ideale. Il titolo del libro ne è la conferma.
dal Manuale di filosofia fantastica (Link, 2022)