A Villa San Giovanni spezzano il treno e, manovrando avanti e indietro, avanti e indietro il locomotore spinge le vetture nel ventre del traghetto.
Il convoglio deve scomparire per oltrepassare lo Stretto, discendere a livello del mare che tocca e sostiene lo scafo.
L’entrata in Sicilia è sempre ingresso nell’oltre, ricomponendosi nella luce di Messina il treno riconquista il suo vero esistere che è distanza dal continente. All’altezza di Capo d’Orlando mi aspetto sempre ch’ella entri nel mio vagone, barone Lucio Piccolo di Calanovella, per scambiarci un fascio di fogli scritti a mano, per confermarci a vicenda che il tempo, nella scrittura, è finzione.