da I GIORNI QUANTI (42)

Mi sento un re con questa luna piena, i grilli nelle orecchie i Catari Frangenti alle spalle. La luce della notte è la luce della mia cabeza. La festa comincia quando i parenti portano a casa altri parenti. Rumori nuovi nella campagna. La campagna è un parco macchine naturale. In campagna si sentono, amplificate, le chiusure metalliche dei cancelli delle carceri. Gli angeli di terra, potremmo chiamarli nottole. Basta antologie. Piccoli soli. Grazie a Franco che stasera ha scavato nel pozzo nero e in due ore ci ha liberato della nostra pesante propaggine dello stomaco, ci sentiamo veramente leggeri. Onecchie si chiamavano una volta le orecchie e lo stomaco, stomàc e le parole, palore. Un nuovo millennio cos’è se non è epico, eh, Capitano. Dietro una pietra grande quanto un dolmen – parte del paesaggio come il Vesuvio su Napoli – qualcuno si è costruito nottetempo una casetta, in calcestruzzo, imposte anodizzate all’insaputa della Forestale. I quali Forestali, dice Franco, sono pure obiettori di coscienza, altro che polizia giudiziaria.

Fagliela vedere a papà, che al buoi della luna, scrive pensando di disegnare. Non si pensa più al disegno quando si scrive al computer. Si pensa soltanto e dunque si è più miserabili. Comunque papà aveva preso una lucertola dalla coda, per fortuna non per bravura. E quando toccò al pubblico di papà di prenderne atto, quella preferì abbandonare la coda.

Chi ha buoni rapporti con i topi non ha buoni rapporti con le lucertole, dice papà.

Chiedo al barman di Mazzara se ha un buon rapporto con le tazzine di caffè. Mi risponde imprecando, come gli avessi disegnato il suo inferno. Chiedo – quante tazzine nella sua vita – devo fare un servizio per il giornale, m’invento – questi sono i tempi, la gente vuol sapere, non si può far torto alla gente.

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

UN IMPASTO
8.94   un impasto in forma di susina croccante sapore morbido di pistacchio zuccherato vanigliato di colore avorio bruciaticcio un Read more.
Portami a ballare un finale diverso (8)
Spegni la luce prima di uscirmi dal cuore, qualcuno sennò potrebbe pensare che sia ancora occupato. Colpiscimi e stordiscimi, se Read more.
ASTRAGALO
Non so cosa pensano gli altri del proprio letto, magari nemmeno ce l’hanno, un letto, e perciò mi riesce difficile Read more.
Un canone sul pericolo di piacere I
Occhi pinare sput e qui lavoro leggondi are su tutte  le fedi e le divise ca ssiamo fare con gli Read more.
CHECK-OUT
24 non sono bravo con gli addii con 12 niente stasera portami a vedere un film sdraia il tempo a Read more.
ORA CHE NON PASSA
e taglia il fiato, s’arruginisce di bestemmie, s’infanga di rabbia, il Capo. Non ci arriva a trent’anni, ma suo padre, Read more.
Alla follia di Banvard tutti (4)
In questa scena del film è inverno a Berlino. Durante il breve tragitto in metropolitana, lo sconosciuto disegna sul libro. Read more.
UN TAMBURO
Sono il tamburo di tutte le guerre, quando una guerra mi carezza la guancia, mi gratto il naso e sparo. Read more.
IL VESTITO BIZANTINO – 71
Incrinata da un bavero di spine Sono il rampollo acido del monte L’aurora buia di chi lavora Di chi divora Read more.