Gottlob Heimrich Ludwig Begel (1791 – 1870), detto Mario, fu la voce meno importante dell’Idealismo tedesco. S’interessò poco di filosofia, limitandosi qui e lì a ripetere pedissequamente le più note tesi a proposito del manifestarsi dello Spirito del Tempo, ma molto di sé stesso. Scrisse undici biografie in cui esaminò ogni aspetto della sua vita, dagli insuccessi negli studi alla sua opaca carriera accademica inesistente. Sostenne di essere il primo e l’unico filosofo della storia, poiché chi lo precedette non si era mai occupato del solo argomento di cui valga la pena occuparsi, cioè di lui, e chi l’avrebbe seguito si sarebbe trovato senza nulla più da indagare, avendo egli già sbrogliato il dilemma di sé stesso nella sua opera. Si proclamò messia, taumaturgo, sapiente misticheggiante, ubiquo. Quando un suo lontano parente venne a trovarlo a Berlino, lo vide dalla finestra e proclamò la fine della storia e l’inizio della stagnazione dell’Essere. Il fatto fatale non fu evidentemente l’arrivo del parente, ma il suo scorgerlo attraverso il vetro. Scrisse anche una Storia della Filosofia Occidentale amatissima dagli studenti, ma sottovalutata dai professori. Poiché il libro si riduce sostanzialmente a una decina di pagine in cui vengono recensite ed esposte le sue undici biografie, si è in dubbio se catalogare l’opera come una dodicesima biografia. Fu talmente pieno di sé da ingrassare a dismisura, fin quasi ad esplodere, e si dedicò in vita all’esegesi di codici di diritto privato germanico. Convinto che la portata rivoluzionaria del suo messaggio non potesse essere capita, non rese noto nulla di ciò che scrisse. La sua opera fu pubblicata postuma da un editore di campagna e presto finita a risolvere problemi concreti come il traballamento dei tavoli dovuto ad una gamba più corta delle altre, gli undici o dodici volumi si prestano infatti ad essere un ottimo strumento modulare per il riempimento di spazi vuoti.
dal Manuale di filosofia fantastica (Link, 2022)