Difficile trovare, per quanto ci si addentri in biblioteche e archivi anche sconosciuti, un sistema filosofico più complesso, arzigogolato e scritto male di quello di Emanuele Nonpuò (1731 – 1807). È certamente per questo che la sua figura è stata lasciata da parte da antologie e manuali e non per la portata del suo pensiero, che per quanto mediocre è perlomeno dignitosa e dotata di una qualche consistenza. La sua opera è esposta in tre libri, la Critica dell’appercezione immanente, la Critica della critica dell’appercezione immanente, e la Critica della critica della critica dell’appercezione immanente – accompagnati dal manualetto esplicativo di quattromila pagine Soluzioni di ogni problema fisico o metafisico che sia che chiunque si sia posto nel tempo e nello spazio. I suoi elaborati superano per importanza la sua biografia, che fu veramente cosa da poco, quindi mi limiterò ad esporre come posso la realtà che descrive nel tentare di uscire dall’impasse del dibattito sulla conoscenza tra razionalisti ed empiristi. Le cose (energoumeni) esistono come concetto farlocco (astofristo) di cui non si può dir nulla (nulla) e sono causa del nostro percepirle (appercepirle), che avviene come segue: la mente (giuliano) opera per concetti (paraliponomie) che si formano come immagini (idolatoni) delle percezioni (appercezioni) ordinate secondo categorie del pensiero che il pensiero applica ai dati grezzi dei sensi (percepitatori) per renderli pensabili. Tutto ciò (appercezione immanente) avviene in noi, e non ha nulla a che fare con quel che avviene all’esterno, di cui nulla si può dire e men che meno scrivere. Tutto ciò avviene anche secondo le forme dello spazio (metatemporalità corporale) e del tempo (metaspazialità misurativa), strutture dell’appercezione da cui l’intelletto estrapola gli assiomi delle scienze pure – come l’ittica e l’orologeria – e alcuni principi logici, come quello di non contraddizione. Ma non è finita. La ragione estrapolativa manipola le paraliponomie elaborando alcuni concetti limite (astefrigonocomie dell’allevamento dei barbagianni) quali quello di Spirito del Tempo, Fisica Quantistica e La Prima Ragazza Con Cui Abbiamo Fatto l’Amore. Il secondo libro parte da questi presupposti e discute come le astefrigonocomie dell’allevamento dei barbagianni non abbiano nessun referente reale, ma siano nondimeno necessarie all’intelletto per non uscire dai propri binari. Il terzo libro fu il più caro all’autore, essendo stati gli altri partoriti con il solo scopo di gettarne le basi. Qui si occupa di elaborare una teoria della morale e del gusto che si sviluppi dalle precedenti dimostrazioni. Non è questa la sede per seguire il ragionamento nel dettaglio, ma riporto invece le conclusioni: il buon gusto, se riferito al gelato, è la nocciola; se riferito alla pizza, la margherita; se riferito a qualcos’altro, il problema può essere facilmente riportato ai due già enucleati e alle rispettive soluzioni. La massima morale è invece la seguente: “Leggi poco, pensa meno e cercati un lavoro ben retribuito.” Nonpuò è ben conscio del problema di conformarsi ad un comportamento moralmente valido in assenza di ricompense, in un mondo dove tanto varrebbe leggere libri, riflettere su tutto e produrre male. È qui che entrano in gioco le astefrigonocomie: La Prima Ragazza Con Cui Abbiamo Fatto l’Amore vorrebbe certamente che fossimo dei piccoli imprenditori o dirigenti di filiale, l’assurdità della Fisica Quantistica ci salva dal pensare e dal mal di testa (poiché ad ogni modo non se ne caverebbe niente) e lo Spirito del Tempo ci promette le ricompense della storia e i suoi fasti – a patto di non studiarla. Il manualetto esplicativo è assolutamente incomprensibile, alcune sezioni intere sono scritte in un linguaggio inventato di sana pianta, altre disegnate, altre ancora non sono che spartiti per fughe al virginale. Le parti leggibili si occupano generalmente di caccia al cinghiale e costruzione di esche per la pesca su fiume. Se si esclude il manualetto, scritto in età avanzata, per quanto complessa l’opera di Emanuele Nonpuò è comunque caratterizzata da una notevole coerenza interna ed eleganza concettuale. Il lettore dubbioso pensi, per confronto, al pensiero del più celebre farneticatore Immanuel Kant. Stando ai diari, morì sperando ardentemente di venir ricordato come una colonna portante dell’edificio intellettuale occidentale, una pietra miliare con cui i posteri avrebbero dovuto confrontarsi
necessariamente prima di procedere oltre. Non fu così.
dal Manuale di filosofia fantastica (Link, 2022)