SEGNALIBRO

Ho la bizzarra abitudine di leggere i libri in disordine: ho sempre cura di lasciare un segnalibro decine di
pagine più avanti di quella che ho davvero letto per ultima. Da lì ricomincerò a leggere. Lo faccio per
orgoglio. Per non darla vinta alla maestra che pretese all’asilo di insegnarmi a leggere, ingannandomi: da lei
ho imparato soltanto come tenere il filo di un testo, come seguire un discorso, come interpretare parole; da
me ho appreso la vanità dell’inchiostro, l’assurdità delle logiche di trama, l’incomprensibilità di ogni
ragionamento che pure si srotola sulla stampa davanti ai miei occhi increduli. Verranno a dirmi che sbaglio,
che dall’inizio alla fine vanno letti i libri. Obiezione sacrosanta. Ma nascondono la loro ossessiva
preoccupazione che tutto abbia un significato: necessario, per chi ha paura di annegare nella follia. Io
d’altra parte ho smesso di provare vergogna nell’ammettere che ho iniziato a leggere solo per ribellarmi alla
farsa semantica della chiarezza. Mi sono perso nel testo – per non darla vinta agli indici e ai glossari, per
smarrirmi in labirinti letterari che mi fabbrico deviando dal sentiero comune: ed è nella tortura di ogni
percorso sconnesso che costruisco nuovo testo, unico e fatto per me soltanto.

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