Il dott. Lori sarebbe andato in pensione di lì a breve. Di sicuro nel corso della sua carriera ne aveva
certamente viste di ogni tipo. Per molti anni aveva lavorato in una discarica di periferia – e con discarica
voglio dire il manicomio, il carcere psichiatrico, l’accozzaglia di pazzi ostracizzati dalla vita borghese. Lori
aveva compassione di ciascuno di loro, ed in particolare di un tale, molto avanti negli anni, che un giorno gli
disse con enfasi quasi infantile: «Sa, dottore, ho da poco imparato che, anche se rimango sempre nel mio
corpo, sono in un certo senso dappertutto. Cioè, il mio corpo è sempre qui, le braccia le mani la pancia e
tutto il resto, ma io sono anche negli occhi e nella testa di qualcun altro, della sua per esempio dottore. E
troppo tempo ho pensato che stavo soltanto qui… Non sono un po’ dappertutto invece? Come se gli altri,
cioè lei e tutto il resto siate gli specchi. Il mio corpo è qui senza riflesso, ma sono anche nella sua testa,
dottore, perché lei mi fa visita e pensa di conoscermi. Il mio corpo è qui. Ovunque gli specchi.». «Lei fa
progressi.» commentò Lori.