Un teatro (I)

piacque, né più né meno, come uno scavo o una tibia frantumata; le cose avevano un odore di bruciato che pizzicava i corpi, nessun paragone era possibile. le cose avrebbero avuto ancora un odore di bruciato: un sole esploso, pochi rottami lanciati ovunque, qualche chiodo, per meglio addensare la presa sugli oggetti, sulle passioni, né più né meno. forse una ghigliottina, farina di carrube sparsa ovunque: l’entrata in scena, con il sipario ancora abbassato e la voce che si svolge in mezzo ai rumori; al pubblico una sola avvertenza: continuate a parlare, a fare rumore, continuate. un teatro: uno spazio al limite fra le cose e i rumori. uno spettacolo senza intrattenimento, spazio aperto per una folla rumorosa: in diretta si aprono le voci, i rutti, le urla, a volte schiaffi e pugni e ossa calpestate. una musica: quello che accade ha per ragione l’accadere. poi si alza il sipario, la gente corre verso l’uscita, gli attori entrano in scena, il teatro si svuota, ogni cosa termina con un saluto; gli attori non si guardano, nessuna parola, seguono il pubblico verso l’uscita. una musica: un giorno, nella vita; a teatro vuoto, un uomo entra, ripete: non chiedere e non avere. il sipario rimane alzato, l’uomo senza pubblico esce, la porta si chiude. la gente, per strada, ricomincia a salutare.

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