MI INCHINO AL MARCIAPIEDI

mi inchino al marciapiede che sta tra le plissettature delle corde vocali. sono un mostro: le mie mani
sono sedotte come fiori, e al mio cuore viene facilmente l’alito cattivo. oggi reggo una panchina sulla
quale lo strillone del giornale sporge dai capelli di una vecchia cento lire. è intagliato in bianco, ma le
domeniche scompare come fanno gli scrittori. i poeti sono santi e, dal momento che i soffitti non vanno
più di moda, pensano che le stelle vicine a loro siano piume da accarezzare: in effetti i poeti
riuscirebbero a farlo anche se le stelle si trovano dentro di loro.

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