SOFFIA

Acqua naturale. Temperatura ambiente.
Un bicchiere per favore, di plastica biodegradabile. Questo non puzza. Preferibilmente non
sporco. Grazie.
Uno sguardo attento, poco. Migrano sorrisi autentici.
Il mondo è tuo.
Calma apparente su Milano stamani. Soia a parte. Un banconista impreca.
Alla stazione centrale tuona il terzo quarto am. Sarà almeno tre metri di diametro.

Dentro una nuvola nera soffia un vento bianco bianchissimo puro come lana calda delle
Madonie. Al bando i suoi frutti. Consentiti soltanto trasformati salumati da scena su una
buona pizza (meglio se di Gela) sporca di rosso alla base – sia chiaro, dolce – con i cuscinetti
laterali ben soffici. Per gonfiare il gommone ho usato 1.5 PSI.
Attenzione ai nervi. Il paziente potrebbe restare di stucco per delle ore.

Distante come chi ti sta vicino.
Costola della donna. Non sei lei. Ti somiglia, tanto.
Ig è tuo. Lo guardi dall’alto, non solo.
Un trono è certamente più comodo se di velluto bordeaux. Non sembri allergica all’oro. Al
bando il ringwatch.

Traspare la luce limpidamente in acque fresche.
Marettimo è tuo. Attenzione alla Cassiopea. Potrebbe sorprendersi, morta.
Un pigiama ti riporta in cucina. Meglio affinare i gusti. Issate le vele, si parte.
Soffia sofia soffia. La meta non è poi così distante.
Che poi quella maschera da pagliaccio non ti si addice. Anzi si.
Anche i pagliacci sanno prendersi sul serio.

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