* * *

 

Condizionato

da lacrime e singhiozzi,

mi (p)unisco prontamente

al sole brusco del dolore.

 

Ma poi, a detrimento

dell’autolesionismo

che vige nell’esilio,

il ricordo del passato luminoso,

e di come sia fuggito

piantandomi alla svelta,

ritorna ad irritarmi,

ritorna a provocarmi

e quindi mi consolo.

«Sì,» –difatti esclamo–

«m’appare più nobile il dolore,

e più capace di sparire,

tutto trasognato

di rabbia come sono.

 

(Rabbia, si capisce!

Isotopo dell’estasi

–no, no, dell’entusiasmo!–

radiattivo alquanto)».

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