Condizionato
da lacrime e singhiozzi,
mi (p)unisco prontamente
al sole brusco del dolore.
Ma poi, a detrimento
dell’autolesionismo
che vige nell’esilio,
il ricordo del passato luminoso,
e di come sia fuggito
piantandomi alla svelta,
ritorna ad irritarmi,
ritorna a provocarmi
e quindi mi consolo.
«Sì,» –difatti esclamo–
«m’appare più nobile il dolore,
e più capace di sparire,
tutto trasognato
di rabbia come sono.
(Rabbia, si capisce!
Isotopo dell’estasi
–no, no, dell’entusiasmo!–
radiattivo alquanto)».