da ‘assoggetto le mimose kuetanze’ ‘96

B
i ragazzi colorano
ogni minuscola cosa
impedendomi di diventare
luce di profilo

energicamente rifiuto
di ridipingere i muri della cella
sostituire il materassino sfiorito
abolire parte del viaggio

delle tante cose
che mi tocca fare
oggi soltanto una storiella

la famigliola insegue in altaquota
un mollusco sottomarrano corrucciato

tutto nero infine il segnale filiforme
che sfiora una traccia ondulata

da qui
intravista nonsocosa
m’affretto

partito da qui nelle prime ore
del pomeriggio del venerdì santo
con grumi insistenti di dolorini
sparsi sulle spalle

mi viene fatto di fare un giro
il gioco è combinato in cinque
tutti compari di un altro giro
quindi – partire

una cittadina del non-essere-spento
che mi chiude in un ora gli angeli
con decoro disordinato
che porta vento

guardiamo parliamo
io cyllo gaetano aspettiamo

nel vicinato niente ubriachi
non ci sono rastrellamenti in vista
persi greggi di pecore e capre

mucchi di mangimi
per oche al cancello
nessuna scottatura
degna di notablù
il nero è immobile

incendi sullo schermo
cani macellati per le strade
bestemmie urti alti
che si vanno affievolendo
uno sgabello mi incrocia i calcagni

il diretto pound-bukowsky è fermo
ha le fiancate esterne decorate
aspetto il ritorno del piccione
l’afghanistan riparte
si gira

così diverso che mi sollazza
che sopratutto mi trasforma

fischio m’asciugo l’umore
coi palmi mi escorio i palmi

senza intrecciare le labbra
allungo l’identico motivo

mi libererà la gola
l’occhio sinistro mi piange

giorni e giorni
non voto da 11 anni

la cognatina vietnamita dice
mutato si ma non cambiato

sto in una culla
vedo grossi muri
un portoncino si apre
passo smetto di vedere fingo
quello che non mi va di vedere

la siberia
il kafiristan
il maine

il madagascar
lhasa
hammamet
palermo e dintorni
manaus
l’erg

salto sull’altro accapo
nomenclature da taschino
mi distraggono dalla sciatica
dei secondini affettuosi
che beffano il monitor

mi metto al balcone
un mezzogiorno di febbraio
è la 3ª età
del monumento

la camicia di velluto brunoliscio
piegata in due sul 4° gradino
imbustata con la testa in fuori
di guardia sul cemento sopra l'osso

sia come sia resto ragazzo
scoperto e indeciso
mi vado nascondendo
tra finestre e porte avvolgibili

stacco senza sforzo
ho l’impressione che
ci sia mutamento
nei tempi della fioritura
tutti esteriormente dentro
ai grandi poemi in denaro

il fungo velenoso del presidente
accolto
nel cestino delle ordinazioni
per la profondità delle buche
cresce
con un coltèl

‘architetto & soci’
non riposo dai tempi
dell’ultima rivoluzione
nel vialetto d’accesso
m’ossequia un danese
posteggio

nella riserva fa
‘vediamo se tu ce la fai’
si gira crolla rutta nel sonno

si festeggia la ticchiolatura
apro entrano li bacio e li abbraccio
pertanto mi secca un po’
non creare
conto di morire tra queste voci
a tratti però m’annoio

prima di ripartire passa un’ora
di nonsocome in piedi
poi interamente volo
contento che si mostri da se

dicendolo in silenzio con la pelle
le palpebre saltellano la vista
tutte le dita indaffarate coi pollici
specie la pianta

che non ha espressione
piuttosto perplesso
senza capirci un’acca
anche meno il respiro

col naso in gola
felicissimo nel cuore
una saltuaria paura
scherza nel sangue

le parole tornano
a farsi mucchio

grande simultaneità
leggermente sbilanciata

il pane – sempre
l’olio – spesso
il sale – meno spesso
la verdura – sempre
la frutta –  sempre
gl’indumenti – a seconda
il riposo – regolarmente
i sogni – sempre
l’amare – quando c’è

cari

arrivato qui
subito
m’informano che
bisogna ripartire

considero
l’ionderogabile sostanza del perché
h insistito sempre
ma solfeggiando

regolarmente
con calma insospettata
per incontinenza spesso
meno spesso disattento

sempre per intero sempre
non totalmente
con altri sé regolarmente
con lei sempre

accomodandoci però mai
quando è necessario
la stanchezza scompone
qualche terminale

nessuno può più nulla
e io non posso più nulla
dove vado

l’interruzione
la fine
probabilmente è pausa

certo scomparsa
che fu
però nell’incerta

sospensione
sempremai sempre
dissolvimento

non
ritorno
addio

non è nessuno ma insisto
e mi pare di vederlo
la fronte è un pò sudata

nell’ombra
mi annuso le dita
supero alla svelta la collina

è così
il ricordo di Chiasmo
chiamo due volte Timoteo

pronto a tutto non accade
niente non vedo indicazioni
ma l’aria è un tale profumo di cose

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