Notturno d’oro nelle chiese dirute
le dita di cera nel sangue dei gerani
dalla corazza un’orrida accolta di farfalle
nevica sul mare nero avaro di sirene
Aspettiamo nel bar la luce piovosa
di settembre, la corsa delle nuvole
negli occhi
il silenzio convulso di sfaceli barocchi
la polvere dei sorrisi
la malattia divisa coi morti e coi venturi
l’euforica neve dormiente sulle palpebre
finalmente la pesantezza più leggera
Stasera una raggiera spaurita
di parole s’impiglia tra le dita
arrugginite delle signore
Con un piede nell’alba che crolla
è di te che manco
della tua smorfia a vuoto
(da Notturnerìe, ALIA uno spa, Roma, 1989)