da I GIORNI QUANTI (87)

Una risata piena. Da quanto non mi capitava di ascoltarla. Una risata senza senso, intelligente. Viene fuori dal mezzobusto non dalla testa. Squilla come una tromba finalmente intonata. Viene da sotto, ha un’eco. Sale le scale senza sudare e poi è già giù come per farsi inseguire. È una risata a singhiozzo quando arriva in cucina. Dai, le dice il frigorifero vivo della cucina, continua ancora. Segna nella tua tabellina che hai guadagnato tre punti. Segna quanti punti prevedi entro stasera. Domani sera ci vediamo? Certo, salvo contrattempi. Il freddo glacido di una risata dentro il frigorifero. Il lontano più lontano di una risata di cuore. L’esserci improvviso dentro insieme un non esserci previsto. Salvo imprevisti. Pino Previsti. Nomi e cognomi. Gnomi e risate nane. Come ti salvi da persone che ti vogliono salvare. Che vogliono mettere il ferro dietro la porta. Come ti puoi salvare se pensi ancora a loro che ti rispondono che vengono o che verranno “salvo imprevisti”? “Sì”, bisognerebbe in ogni momento della vita. E prendere a pugni le contrazioni nervose della zona alta delle guancie, zigomatosa. Sì, per accettare il non meno bello accanimento della morte che ride.

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