Il ventoscrittura che attraversa i magazzini del tabacco
suscita voci
stratificate dentro pareti già scheggiate dai passaggi testardi
dei sacchi da scaricare o caricare.
Mi scelgo una città e me la disegno
a immagine e somiglianza del desiderio.
Si chiami Lecce dove il passo è stretto tra
i magazzini del tabacco e l’andare, sempre andare,
andando, sempre andando.
Ma quell’altra Lecce non la voglio vedere
quel funebre ciarpame per turisti non lo voglio vedere.
È questa Lecce che m’accingo a dire
questa che, nell’arbitrio della scrittura,
comincia dai magazzini del tabacco
e si dipana rigo
dopo
rigo
fino
alla
casa dell’Imperatrice d’Immaginazione
che si fa beffe dell’arrogante modernità
se ne fotte della poesia senz’anima
e si raccoglie tutta in una radio a transistor
che recita CarmeloBene a memoria –
una casa come questa da dove
ci si sporge sul sole nero
e il rosmarino splende d’amore
una casa come questa dalle pareti di carta
che soffia soffitti altissimi da intingere nella Canicola
e scrivere
e dice scrittura
come si dice libertà e andare
una casa come questa
dove tutti i morti se ne stanno
in una nicchia nel muro
ché non vogliono allontanarsi dalla terra
e il loro respiro di tufo genera visioni
(àpriti schiùditi rialbéggiati
con lirica inverecondia
cantàndoti cercàndoti fantasticàndoti)
e una casa come questa
sospesa qual è una tenda di lino
aperta alla Canicola
mentre si spacca questo foglio sotto il sole
avvinghiato al dialetto degli antenati
e spaccandosi rigurgita le sapienti lucertole
latifondiste dell’Estate
e l’Estate s’agghinda di Santi bruniani
condotti in processioni mormoranti
e da una casa come questa
intonacata di parole
si sprofonda l’Imperatrice d’Immaginazione
nell’ordine secolare dei cornicioni dei balconi e delle finestre
chiede alla schiera instancata delle rondini
di celebrare il crepuscolo.
È allora che vanno raccolte le lenzuola
stese ad asciugare lungo l’arco del giorno
è allora che la cena preparata
per il deserto della fame
scintilla nei piatti.
La notte ha il sogno quale suo Impero
e l’Imperatrice d’Immaginazione è
la città di tufo poroso e vorticante.
(DA LECCE NON È – NOVE ELEGIE)