La piazza è quadrata, recinta da palazzi alti su ogni lato. Condomini con finestre, balconi, vasi di fiori, e stendini. Uno spazio bianco e deserto con panchine di pietra. Tu e io stiamo aspettando. Qualcosa, non qualcuno. Non parliamo.
Il rumore secco di una crepa che si apre risuona nel vuoto. È un terrazzino all’ultimo piano di un edificio che si è staccato di netto e sta per precipitare. La traiettoria della caduta non è prevedibile. Sembra leggero e rimane dapprima vincolato alla struttura da un precario intreccio di travi, poi staccatosi se ne sta immobile nell’aria come decidendo dove lasciarsi andare.
Mi prendi per mano e corriamo sul lato opposto. Un sibilo conduce il nostro sguardo verso un otre di rame da dove fuoriesce gas e si è accesa una fiamma. L’ala intera di un palazzo gracchia al separarsi dal corpo e si inclina in una diagonale che indugia e pondera l’angolo. La terra è ferma. Non sono scosse telluriche che provocano le fratture. Nulla arriva a toccare il suolo. Ogni frammento rimane sospeso. Alziamo la testa. L’orizzonte è costellato da detriti che si librano come in assenza di gravità.
(da VERMIGLIA GOCCIA, MANNI editore, 2023)