Nei pomeriggi di studio stavo in piedi
dietro la portafinestra – vedevo
la terrazza della casa di fronte, le chianche coperte di licheni,
la canna fumaria imbiancata a calce.
CarmeloBene discendeva lento in groppa alla sua
macchina volante, vedevo il fornaio parcheggiare in strada
la sua Giulietta azzurra e il greco sembrava starmi tutto
nella grammatica che tenevo tra le mani.
Così m’ebbi conferma che l’incongruo e lo sbrigliato sono
bellezza e sfolgorante visione.
Mi salvava l’ApparsoallaMadonna
discendendo lento in groppa alla sua
macchina volante, studiavo nella città di tufo e calce bianca
e il greco sembrava starmi tutto
nella grammatica che tenevo tra le mani.
Lo vedevo
librarsi nel cielo della città, poi scendere piano
e ancorare la sua macchina volante alla canna
fumaria. Vestito di visioni
mi sbalzavo a lui incontro
in camicia di visioni sorseggiavo l’acqua dell’eresia
mangiavo il passaggio delle nubi rapido
stupefacevo l’aria pur avvezza al canto
dei geranei:
ché si sa: la voce è spalancarsi dello stupore
al parlare frenetico dei mondi.