e ci sono i libri da leggere
e le pagine da scrivere
ché una vita non basta a viverla quell’Estate
quando mano e scalpello lavorano (uno
a
uno)
(uno
a
uno)
il volto e le ali di serafini torno torno al
Rosone solare di Santa Croce
Il vuoto poggia su torri campanarie ricamate a bulino
e fa piovere fiori di cappero dai cornicioni
l’assenza serra i catenacci e afferra la Canicola
per i fianchi (la monta fino a sfinimento
fino al battere di violino nel giorno di San Paolo).
Lecce può avere una solitudine invernale, cielo di vetro
e tramontana che ingrigia le palme,
treno avviato nella notte
verso il Nord, ma
avevamo una danza
per trance e ricorrenze di malinconia –
allora sia e rimanga barocca la scrittura,
eccessiva e citazionista,
sporca.
Ch’essa si raccolga attorno al sacro corpo
poetico di Vittorio Bodini
che, come esposto in Duomo mentre
nevica la luce torrida dei mesi canicolari,
dà barbagli contro le colonne tortili
e i visi delle statue
e le mani sfibrate degli adepti, pochi
e poveri in canna.
Entri qui dentro il Sud di dopo la Luna
e i campi di tabacco
anche il Sud dei morti ammazzati e degl’ipermercati
il Sud che emigra
e ricordo agli attenti Lettori che
Lecce non è un bed & breakfast per Nordici in ferie
né un bel set per serie televisive
ma un irato sberleffo di AntonioLeonardoVerri che
da cielo
a cielo s’inarca.