Lecce non è un riassunto tascabile del Barocco
ma stratificazioni di voci murate e
porte inchiavardate su cardini di tempo.
Nessun amore è qui e adesso ma
sta, carico degli amori passati, sta e danza
nelle specchiere di merisiane cornici
in quelle sale grandi e portefinestre che dànno
su Via Palmieri o su Porta Napoli
e qui l’amore segue il passo
di ragazze leggere come vascelli
con le quali, a danzare in saloni e in saloni-specchiere,
si trova un canto delle cose
e se ti scelgono smetti d’essere repellente citrullo
e capisci che Lecce non è, ma sta
che non è, ma si apre
che non è, ma che sale, sirenica, lungo le
impalcature del cielo.
[Nella Piazza della Chiesa Greca le Madonne
dell’Andanza ballano lu male te capu e
o aspro ìpono la radio a transistor ha l’antenna or
ientabile e musiche d’ancestrali naufragi]
– ma ora dobbiamo difenderci da orizzonti di scherno.
(DA LECCE NON È – NOVE ELEGIE)