I NANI

Sono comparsi una settimana fa dal nulla. Non si capisce chi siano, né da dove vengano. Non si sa neanche quanti siano. C’è chi dice dozzine, chi centinaia. Si sa solo che si spostano per la città in piccoli gruppi e che comunicano fra loro in una lingua stranissima, fatta di suoni simili a pernacchiette emesse in rapida successione e a intensità variabile.

Ieri pomeriggio, di ritorno dall’ufficio, ne ho incontrati sei. Stazionavano dalle parti di via Ricasoli, dove c’è quello slargo pedonale. Tre di loro erano seduti su una panchina, con gli altri di fronte, in piedi. Passandoci vicino, li ho sentiti spernacchiare fitti, a basso volume, lo sguardo che pattugliava lo spazio tutt’intorno. Non mi sono sembrati pericolosi, solo un po’ anomali. Hanno corpi come di bambini mentre le facce sono tappezzate da una gran barba nera, che ricopre loro le guance e quasi nasconde naso e bocca.

“Secondo te chi sono?” ha chiesto mia moglie, quando a cena le ho raccontato dell’incontro.

“Magari sono saltimbanchi, o nani di qualche circo di passaggio,” le ho risposto, “oppure semplici Umpa Lumpa barbuti, messi in mobilità da Willy Wonka.”

Ha scosso la testa, scettica. Per lei si tratta invece di persone comuni, mutate all’improvviso a causa di qualche effetto collaterale del vaccino anti-Covid.

“A ogni modo il richiamo non l’avevo fatto,” ha detto.

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