Portami a ballare un finale diverso (4)

Dago era il dispregiativo con cui negli USA, a fine Ottocento, chiamavano i migranti siciliani, venivano considerati una specie di negroidi. In Louisiana piove sempre e sul continente di carta incombe ancora una maledizione terribilmente punk. E tu c’hai chiamato il cane? Va bene, ho capito! Lasciamo perdere. Non è che devi accettare tutte le critiche di quelli che non sono d’accordo con te. Potresti prenderli a sassate (appuntite), conscia del fatto che tu e molti altri preferirebbero lanciar loro pezzi di ferro (arroventati). Dio come impazzano le idee, quando non c’è anima viva a testimoniarlo. Sì, è vero che cerco ancora di fuggire i sogni, ma non ti devi spaventare anzi: sii contenta, accetta e rispetta le novità. Vorrei poterti dire parole rassicuranti ma oggi proprio non ne ho. Sarà davvero arrivato il momento di preparare lo zaino? Hai capelli di rame e sempre bisogno di
aiuto, anche per tenerli aggrappati a dei fermagli di metallo impuro: fermacapelli di una lega di scarti. Tutto questo ti rende ai miei occhi ancora più attraente, con la gonnella svolazzante che scelsi io quella volta lì, al mare. Ti lascio e il sole inveisce contro di me nell’apprendere la notizia.

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