Son le giornate d’ozio che mi tengono lontano dal futuro. Per sempre, magari. Ma non riesco più ad epurarle dalla mia esistenza, per il semplice motivo che a dirimere gli ostacoli non sono granché bravo. Così resto inutile nel mio studiolo ai limiti del buio, piangendo malinconico –e senza meta– per colpa dei problemi che m’hanno aggredito e qui bloccato.
Però, se vogliamo, l’oscurità è anche comoda: spesso infatti la stanchezza che mi deriva dall’insonnia, e che mi grava di continuo sulla mente, si confonde con il buio e a tratti sembra scomparire –proprio come gli acufeni, che si perdono e cancellano (temporaneamente, perlomeno) nel suono insistito dell’acqua corrente.
E in uno dei miei tanti momenti di riposo artificiale, che si alternano al pianto rilassandomi un poco, sarà certo da un ricordo in rilievo sulla notte che scaturirà, inevitabilmente, la quieta condanna della morte.