Trovo l’architetto alle prese con un armadio, un pezzo di antiquariato. Lo specchio che stava dove ora è l’armadio deve essere sistemato nella parete di lato sopra un cassettone. Dobbiamo essere in due a sollevarlo ma alla fine è collocato. Possiamo parlare. Mi invita a bere qualcosa.
– no, grazie – Vuole comunque che lo segua in cucina. Apre il frigorifero sceglie una bottiglia, la stappa, si serve un bicchiere di vino bianco. Mi indica uno sgabello:
– allora? – accenna un brindisi:
– buono, sicuro di non farmi compagnia? – Rifiuto per la seconda volta, beve un sorso. Mi dedica un secondo brindisi, svuota il bicchiere, lo posa sul tavolo accanto alla bottiglia, ritorna al frigorifero e tira fuori olive, piatti con fette di melanzana arrostite, pesce spada e salmone affumicato. Consuma senza fretta.
– e allora?
– quali previsioni per la fine dei lavori?
– tempo e comunque meno del previsto
– l’andare e vieni è diventato insostenibile…
– Gli operai sono a buon punto…
si interrompe. Posa il tovagliolo sul tavolo. Si alza, va a cercare in una scansia. Tira fuori tra libri e ricettari una pubblicazione, il fascicolo del centenario dell’accademia, lo apre, certo di essere alla pagina giusta, mi mostra una foto di gruppo: sala di pittura Studenti tra un professore, un monaco e una donna. Dice:
– il maestro D’Alberto e la supplente di icone … li ha mai visti nel palazzo?
– No
– La Visicchio insiste perché confermi le visite della supplente Chiara Desco, qui a casa mia.
– E perché?
– perché ha insegnato in Accademia.
– Potrebbe andare a farsi leggere le carte da Gina.
– Appunto