il fungoide domanda a che/a chi serve la poesia?
sostenendo che soprattutto il portatore di ideologia ne avverte la necessità
fu questa oscuramente la ragione che indusse il commentatore-avo a sostituire sia nella forma immediata sia nella sua descrizione la parola poesia con la parola scrittura in quanto la scrittura più che a un desiderio risponde a una necessità
una scrittura però che innanzitutto abbia memoria esecutiva del suo essere tale
e in ciò di volta in volta individui
e si individui
nella specifica necessità che la fa insorgere perfino scrittura-per-la-scrittura
è tautofonicamente innegabile che la scrittura deriva cronistoricamente dalla scrittura e ‘ideologicamente’ dall’esserci della lingua
dunque la necessità che la promuove é molteplice e mnemonica
spaziale
oggettuale
ed è sempre simultanea dentro e fuori di se
è simultanea dentro perché è riconoscibile a caso e a volontà
è simultanea fuori di se perchè di volta in volta esclude a caso e a volontà questa o quella presenza di oggetti di situazioni
(se esclude a caso il suo tasso di necessità è alto se esclude a volontà è basso)
esserini patiti di immediatezza frugano
nei luoghi della scrittura senza considerare
o sapere che il tocco inesperto fa scattare
quei luoghi e chiudere come armadilli
ma bisogna qui osservare che il tocco esperto
nella maggior parte dei casi
induce quei luoghi-della-scrittura
a comportarsi (ed essere) in altro
vale anche per le parole
e tutti i segni scritti
e con assai più determinante ragione
la stessa cautela di progettazione
elaborazione e uso che si osserva
negli strumenti sempre prototipi
per l’osservazione e lo studio delle particelle
i linguisti e i grammatologi di buona razza
esercitano il loro sanguigno mestiere
non soltanto indisturbati ma persino solleci-tati e munificati
vista l’estensione veramente terrifica
delle boscaglie e delle foreste
prodotte dalla scrittura
nei luoghi istituzionalmente deputati
e negli spazi intracraniali
le istituzioni della scrittura
in effetti indicano soltanto aree
d’impiego pratico del tempo
la scrittura (scripta manent) una volta data
non può essere manomessa in alcun modo
e d’altronde non se ne vede proprio la necessità
se non funziona basta ignorarla
la consistenza fisica della scrittura
è tale da consentire operazioni e interventi
sul suo corpo che se ben percepiti
ricadrebbero su ogni altro tipo di operazioni
e di intervento e l’intera morfologia
istituzionale-e-non del fare (e dell’esserci)
verrebbe di scatto accostata al nostro sensorio
al punto da alterare irreversibilmente
la nostra memoria/esperienza del dato
e del possibile
sicché é pregiudiziale sapere
quanto ‘pesa’ un segno scritto
quant’é
a parere del ragioniere che qui ci sta assi-stendo
la consistenza fisica della scrittura
non esiste in-generale
ma sempre e soltanto nel particolare-in-azione
ed é ricavabile dal conflitto armato
tra abitudine e assenza d’abitudine
presente in quel campo d’azione