una sera gatsby uscì sul molo per guardare la luce verde che brillava di nuovo in lontananza, e lo interrogava.
‘’cos’è successo al tempo, gatsby?’’
‘’al pari di tutte le altre emozioni, non sono riuscito a trattenerlo.’’
‘’è per questo che anche tu sei invecchiato, gatsby?’’
‘’mi sono resto conto che sarei diventato come mio padre anche restando quello che ero.’’
‘’e allora l’amore, gatsby?’’
‘’mi aspettava ma ho fatto in modo di dimenticarmene.’’
‘’ma quindi, gatsby, cosa è rimasto?’’
‘’una stanza vuota piena di sedie.’’
poi gatsby guardò fisso la luce verde ed iniziò a risucchiarla nei suoi occhi fotone dopo fotone, come un buco nero fa con una stella.
l’interno del suo corpo irradiava adesso un tenue bagliore verde, e la luce iniziava a tracimare dalla bocca e dal naso. quando superò l’orlo degli occhi, infiniti puntini luminosi gli si riversarono fuori dalle pupille e si sparsero a terra senza un rumore. e la luce verde era ancora davanti a lui, al di là del molo, intonsa.
‘’dovrei camminare, ma le gambe in acqua non servono’’, si disse gatsby. allora trattenne il respiro finché il collo non gli fece male, poi si turò naso e bocca e soffiò forte facendosi uscire le branchie. tirò in dentro braccia e gambe e poi si tolse i pantaloni e la camicia, che ormai gli penzolavano addosso. trasformatosi del tutto in una rana pescatrice si lasciò cadere dal molo, attraversò la tensione superficiale dell’acqua, e si mise a nuotare febbrilmente per raggiungere la propria luce verde che gli dondolava davanti agli occhi, come un asino con la sua carota.