Il Circolo dove passo le mie serate considera le bottiglie di spuma un male inevitabile. Le tiene in bella vista, sul bancone. Per i pensionati e gli afflitti da varie patologie.
Col tempo.
Dietro alle spume – al cedro verde zamarro, aranciata, bionda: coca cola mai – ci sono il re e la regina. Il re, senz’ombra di dubbio, è il boccione rosso senza etichette – che poi si dice rosso, ma è quasi nero: infatti si dice anche vino nero. Vabbè.
Il boccione rosso è un campione d’eleganza, è una forma perfetta, un sogno di prodigi infernali. Il boccione bianco è un po’ così, amorfo. Spesso torbido, si insiste a berlo ghiacciato. Io lo bevo temperatura ambiente, che sennò sa di un cazzo.
Sulle mensole stanno i sangue blu: gli amari, wihskyni, rum, dio mio, i rum (Varadero santo subito). Ma anche il Sassolino, dio delle correzioni, il cognac Vettori, da poncini, un vecchio Strega che nessuno ricorda più, Tombolini, che è la marca di un vin santo e di un liquore indefinito che, anche lui, serve per i poncini; la Sambuca, bella come una zingara. E poi i panettoni in offerta, le cioccolatine a venti centesimi, la schiacciata tagliata a fettine sul banco. E l’agghiacciante puzzo di piscio che ti aggredisce le nari appena varchi la soglia del bagno.
I circoli sono patrimonio dell’Umanità, oh ignari.