Incongrua una macchina per cucire all’ombra delle betulle. Congruo il grido della civetta nella notte.
Poi comprende che i lembi del paesaggio, del testo, della mente, vanno cuciti mosaico dell’esistere e del pensare (sono vulcani nascosti nella luna del giorno).
I solstizi sulla banderuola segnavento della farmacia tracciano traiettorie di precisione e di lontananza e ai vetri, lungo la piccola stadera sul bancone, negl’intagli degli armadi la luce gradua il giorno.
Al margine del paese un ex-impresario di milonghe ha preso in gestione il molto malmesso campo di volo, ne ha rattoppato l’hangar, studia l’anemometro e qualche volta si ricorda delle sale da ballo lungo il Río de la Plata.
Alla curva della camionabile una bicicletta sembra attendere (oramai da anni) qualcuno che la inforchi: ogni giorno passa da lì e sempre prosegue la sua passeggiata a piedi.
In inverno la neve ricopre la macchina per cucire e visibili le tracce della volpe all’intorno simulano lunghissime linee di scrittura senza alfabeto (solo i binari seguono direzioni certe, indiscutibili).
E anche in estate l’ombrello al braccio o impugnato alla sua esatta metà è un talismano senza volontà di potere.
In passato aveva raccolto lacerti di scrittura su pezzi di carta da scarto – e s’accumulava l’opera, s’inabissava dentro scatole che avevano contenuto calzature.