(’65 scaricato nel 2000)
capita raramente che un pubblico così numeroso si presenti a uno spettacolo come questo che è tutt’altro che divertente e che per principio esclude la concreta partecipazione di tutti i convenuti. questo significa che il luogo non è completamente morto. che c’è ancora speranza. anche se io personalmente mi affido nel mio lavoro soltanto alla disperazione e lo faccia con irriducibile convincimento cioè nel senso appunto che non spero più. che obiettivamente non si può più sperare per niente e per nessuno da nessuna parte. ed è naturale che non c’è contraddizione in quello che dico
tanto per cominciare mi ritengo un maestro elementare. e non di quelli bravi. uno che corre. che corre malgrado il suo peso non soltanto fisico
se mi dicono che il posto che occupo in questo momento non è quello mio. che questo posto è del signor presidente. io mi sposto di malagrazia. lascio il posto al signor presidente e però resto li in un cazzeggio chiedendomi se il mio posto è quello lasciato vuoto dal presidente. arriva il vicepresidente e mi prende per il braccio. io conosco il vicepresidente da almeno ventanni. è stato mio professore di ginnastica e in una certa occasione mi ha anche fatto conoscere la mia prima fidanzata. bionda. forse non proprio bella. ma angosciosamente attiva. magra. che ora si alza e dice al presidente no il suo posto è questo. e si muove subito verso il posto che il presidente lascia vuoto un po’ rosso ma sorridente. nello stesso tempo il comandante dei carabinieri fa un cenno secco con l’indice bene in alto che si può scorgere dalla cima della collina. io capisco subito e mi sposto. e raggiungo l’estremità destra del tavolo dove fin dall’inizio c’è una sedia vuota. è un posto privilegiatissimo. sotto il vento incessante che viene dal lago. dunque raggiungo questo posto e mi giro per ringraziare il capo. ma mi rendo conto che un po’ tutto è diverso. infatti sto dicendo al presidente con un sorriso mi scusi proprio mentre cedo il mio posto alla donna. e spero che nessuno glielo tolga. pochi sanno quanti patimenti ha subito la disgraziata. è ancora più pallida del solito. è sudata. è una donna magra pallida e sudata. in queste circostanze non può essere lasciata sola. così chiamo alcune mie giovanissime amiche della capitale e gliele sistemo ai lati per protezione su posti che erano appositamente disponibili. e infatti sulle spalliere dietro c’è scritto miss capone miss battaglia miss orbi. sono molto soddisfatto. ripasso dietro le spalle del comandante dei carabinieri e sento che la sua divisa profuma della stessa colonia tedesca autentica che c’é in uno degli scaffali della libreria nell’anticamera della mia casa di campagna. il comandante siede alla mia sinistra. e allora capisco intuisco che il posto che sto occupando spetta di diritto al vicepresidente. cominciano i primi fuochi. indirizzati a chi é rimasto fuori dal gioco. ci sono scoppi fortissimi in rapida successione. mi sento un po’ stordito. sto immobile aspettando che smettano. temo che se dovessi prendere posto ora la catena dei movimenti ne sarebbe intralciata. il presidente già abbastanza inoltrato nel suo discorso d’apertura indicandomi dice che sotto la fierezza che è segno di responsabilità ci sono dubbiezze autentiche e un’esemplare modestia
io non posso togliere alla vita politica contemporanea alcuna validità culturale. dico che non me ne servo in questo senso. che trovo altrove i miei stimoli culturali. nella campagna. nella fantascienza. soprattutto naturalmente nello s p o r t. le cause non m’interessano. m’interessano le persone. gl’individui. il tipo di pantaloni. purtroppo correre non mi piace. dico purtroppo per due motivi. primo non tutti quelli che corrono cadono. secondo restare indietro è un limite di verità
qui subito noi possiamo deciderlo. ci sarebbe omologia tra velocità della luce e velocità del sangue. d’altro canto il vicepresidente sostiene che i sensi della vista e del tatto sono sensi esterni