Lecce non è un’illusione né paccottiglia per turisti,
non un assalto d’edilizia speculativa
a ingurgitare vecchie pietre e albicocchi
cintati da un cielo accoratamente blu
ma un giro ebbro del sangue
e un sistema antieuclideo di piani inclinati.
Quando la città morì
velarono tutti gli specchi con i lenzuoli
affinché la sua anima non vi restasse impigliata
e la verticalità ricordo della stanza
piena del suo corpo vuoto
accostati gli scuri della finestrella altissima.
Se nella luce eccessiva di Lecce esco
mi porto spalancata alla mente quella stanza
poi mi trovo a vagare
per i piani inclinati del presente.
E sono scale lasciate nude
quando il mare s’abbassò:
mi dispiace per chi mai ha calcato gradini di edifici
più antichi della luna.
E sono spirali di desiderio solchi d’esaltazione
tracciati nella pietra vivente:
: varchi :
da stanza a stanza da terrazza a terrazza
e da Lecce a Lecce.
(DA LECCE NON È – NOVE ELEGIE)