L’idea fu del reduce del quarto piano della scala H, ufficiale che si era
distinto tra le fila del Regio Esercito. Che era un guerrafondaio lo sapevano
tutti, che possedesse un arsenale nascosto in cantina fu una bella sorpresa.
All’assemblea, dopo un’equa e ragionata ripartizione delle armi, revocando
gli articoli del regolamento condominiale e del quieto vivere, si fece ritorno
alle proprie abitazioni. Maria Adele, appostata dietro le spesse tende che
spiovevano dalla mantovana, si rivelò un cecchino perfetto. Il primo a
soccombere fu Ugo Latilla, il portiere. Sua moglie Ivana, lanciatasi in suo
soccorso, rimase invalida a causa dell’esplosione di una granata proveniente
dalla finestra della cucina i Mariano Laureti, classe trentasei, residente
all’interno 15. Flavio, il terzogenito dei Carrai, secondo piano scala D,
nascosto tra le colonne della loggetta, carbonizzò all’istante la famiglia
Nastrini di ritorno dalla spesa. «Scena da Pompei!» schiamazzò garrula la
vedova Perilli battendo le mani. La carrozzina in fiamme dalla quale
arrivavano i vagiti del piccolo Alessio parlava la lingua del fuoco. Se non
fosse stato per via di quella beghina della Tambrini del piano terra saremmo
rimasti attoniti tutti ad ascoltare. Per colpa sua calò una coltre di silenzio e
una pentola piena d’acqua.