Nel bar di via Belmonte arrivano le voci ritmate di un corteo. Una signora che mi sta accanto commenta con la cassiera. A suo avviso gli studenti non avrebbero alcun motivo di protestare se non quello di perdere giorni di scuola. Non vogliono studiare e oltretutto non si capisce niente di quello che vogliono. Gridano. Sto per intervenire ma mi trattengo. Cerco di capire le parole dei manifestanti. Effettivamente non riesco a intendere nulla se non la parola leader. Esco e mi avvicino. Tre colonne colorate di Tamil avanzano ordinate. Chiedono il riconoscimento dell’autonomia della loro regione da parte del governo italiano. Le loro rivendicazioni fanno riferimento alle nostre guerre d’indipendenza. Nei cartelli, tra le bandiere gialle e rosse, l’effige di un signore baffuto che in maniche di camicia sorride chissà da dove. E’ il loro capo. Bambini e donne in prima fila accennano a passi di danza, ai lati giovani con la videocamera garantiscono la documentazione. Altri ragazzi distribuiscono volantini. Sul marciapiede due ragazze indigene scimmiottano ridendo i movimenti dei ballerini. Due signori in vestito blu e cravatta rallentano il loro passo, si fermano e guardano incuriositi. Cercano di coordinarsi all’evento sbirciando nei volantini dei vicini. Uno dei due dice all’altro: ma dov’è con precisione lo Sri Lanka?