SULLA COLLINA DI CALTAFARACI

Ricordo come fosse un secolo quelle lontane nevicate di polline che aggiallavano le strade e i condomini, come fosse un secolo ricordo le piovute sporche di sabbia che lasciavano per terra rosse pezzuole di deserto, ricordo le tempeste di petali, le bufere di api o di cavallette, specialmente di cavallette che si spiaccicavano croccanti sui parabrezza e non riuscivi a toglierle via neppure con i tergicristalli accelerati al massimo. Sulla collina di Caltafaraci si sovrapponevano a volte nuvole e nuvole, al punto da oscurarla, nuvolacce nere che nascevano non dall’alto ma dal terreno più basso e che salivano su, in poltiglia, a cancellare il paesaggio visibile e di conseguenza rivelando a tutti noi quello invisibile dei lenti pensieri. Erano le nuvole nate dalle autocombustioni dell’agosto o dalle forconate dei contadini che davano fuoco alle stoppie incendiando pigramente anche i cieli. Ricordo come fosse un secolo quei lenti pensieri fitti di epistassi, scatti di rabbia, ninne nanne, ululati.

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