Come tutti sapete, un tempo il rosso non esisteva. Esistevano solo due (non tre) colori primari: il blu e il giallo. Frutto della mescolanza dei due, esisteva il verde in tutte le possibili sfumature, ma non esistevano l’arancione, il rosa, il viola, per non parlare del marrone. Nei semafori, per esempio, si alternavano il verde e il blu. Il bianco e il nero facevano del loro meglio per dare una mano, ma il loro aiuto non era granché. Immaginate come doveva apparire un viso umano e specialmente un viso femminile, come dovevano apparire le labbra di una bella donna. Le persone dovevano sembrare tutte malate di itterizia. Mancava nel giallo sbiancato della pelle di allora quella spinta energetica, quella goccia vermiglia che, fusa col resto, formasse quello che oggi chiamiamo l’incarnato o carnicino, quel tipico color roseo della pelle che dà il meglio di sé, appunto, nelle fiammeggianti gote femminili. E come doveva apparire un paesaggio naturale! Sebbene dominato dalle tonalità del verde, oggi lo vediamo trapunto di mille colori. Ma allora. Pensate a come dovevano apparire i fiori, le foglie oggi sgargianti nei mesi autunnali, le fragole, i pomodori. I papaveri. E che riflessi, in mancanza dell’arancione, il sole doveva proiettare nei cieli all’alba e al tramonto? Cosa dovevano sembrare le Dolomiti, prive di quella luce di fiamma che le accende in certe ore? Ma queste cose, dicevo, le sapete tutti, non serve che ve le ripeta io: senza il rosso, il mondo intero aveva un’altra faccia.
Ma come può essere accaduto che a un certo punto questo colore abbia fatto la sua comparsa? È germogliato dal nulla? Qualcuno lo ha inventato? Gli scienziati, studiando il problema, hanno avanzato diverse ipotesi, ma ormai è certo: il rosso è stato inventato. Ma non è stato facile capire come; perché l’invenzione, a differenza della creazione, prevede l’uso di materiali già esistenti. Si prende quello che già c’è, lo si ricombina in modo nuovo ed ecco che viene fuori qualcosa di mai visto. Ma in quel mondo del passato non c’era alcuna traccia di rosso. E con i colori già esistenti non sarebbe stato mai possibile ottenerne neppure una pallida imitazione. Come inventarlo, allora? Pare che sia stato un oscuro personaggio, il professor Ortensio Piedipaglia, ad aver avuto l’intuizione.
Il suono! Partiamo dal suono, pensò Piedipaglia. Suoni e colori comunicano fra di loro attraverso misteriose corrispondenze. Basterebbe trovare l’onda sonora, il timbro musicale giusto: un suono che evochi il rosso. Ecco da cosa bisognerebbe partire per iniziare il gioco delle connessioni. Dopo anni di lavoro, il professore ce la fece. Lavorando sulle vibrazioni del cosmo, riuscì a rendere visibile e trasformare in colore un’onda sonora particolare che aveva individuato. Il gioco era fatto. La prima traccia di rosso la si vide comparire nell’universo guardando attraverso un telescopio. Si vide una lontana galassia che cominciava a infiammarsi di una tinta nuova. Si arrossava di minuto in minuto. E da allora il rosso, serpeggiando come una scarica elettrica, si diffuse dappertutto e prese forma stanziale nel mondo. Giunse persino nel mio balcone da dove tuttora traboccano cascate di gerani scarlatti.
L’INVENZIONE DEL ROSSO
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