I FIDANZATI

Abbiamo trovato antenati comuni persino per parte di mamma dice l’innamorata (una signora di *** cui cola continuamente il naso). Siamo praticamente cugini, aggiunge, girando lo sguardo e mandando un sorriso all’indirizzo del fidanzato, il quale non fa che rigirare il cucchiaino nella tazza del caffè. Cionondimeno ci sposeremo. Siamo un po’ troppo vecchi per perderci ancora in chiacchiere e lui – e gli lancia un secondo sorriso – non vuole più saperne di perdere tempo. Del resto, conclude, non abbiamo più l’età per fare dei figli perciò non corriamo alcun rischio (riferendosi a quelli legati agli accoppiamenti tra consanguinei). Questa signora di ***, cui cola il naso in modo preoccupante, a questo punto stappa da bere. E’ raggiante. Mentre versa però l’uomo fidanzato si alza in piedi e prende la parola (senza che nessuno lo abbia ancora invitato, peraltro). Posata la tazza e preso il bicchiere tiene un discorso senza capo né coda sulla natura degli invitati e sui loro diritti, distinguendoli in invitati veri e invitati falsi, come ciò fosse veramente possibile e includendoci per giunta pure i presenti. Non una parola sul suo fidanzamento. Io mi ricordo di Hrabal e dell’inizio di Una solitudine troppo rumorosa e penso al fracasso di una tipografia. Immagino che qualcuno guardi i fianchi di lei cercando di indovinarne l’età. Che altri, imbarazzati, tolgano velocemente l’incomodo e scappino via. Che altri ancora tendano l’orecchio verso il basso, in direzione dello scantinato, da dove viene un rumore assordante.

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