ACQUA DAVANTI E VENTO DIETRO

Genbraio.  3.2.
   I corti denti del gattuccio con striduli zirrichii penetrano poco alla volta, seguendo millimetro dopo millimetro una linea più o meno parallela al mutevole suolo, attorno al palo telegrafico piantato qui nel bagnasciuga chissà da chi e per chissà quale scopo visto che s’erge solitario su tutta la spiaggia. Per quanto ne so, io, oltre ad imprimere all’utensile una forza che fiacchi costantemente l’ostinata compattezza di un legno scelto ad hoc tra i tanti utilizzabili per contrastare al meglio i capricci di un clima notoriamente lunatico, devo anche, perché il palo non rovini giù, prestare attenzione, raggiunta una certa profondità, a non intaccare o, ancor peggio, a non oltrepassare con il flessuoso metallo dentato quell’esilissima porzione corrispondente occhio e croce al suo centro ideale. Cosa quest’ultima per nulla facile dal momento che, per tutto il tempo che mi occorre per portare a termine un compito così delicato, dovrò rimanere a mollo in balìa dell’acqua gelida che di continuo s’accartoccia a riva, mentre, che beffa!, a soli pochi passi da me, tanti quanti bastano perché un paio di piedi nudi restino all’asciutto, un uomo usa una motosega per tagliare, ostentando una precisione che denuncia un’abilità che di certo è frutto di lunghi anni di applicazione, spicchi sottilisottili da un enorme  ceppo di forma quasi perfettamente cilindrica. E a vederlo così tanto preso sembrerebbe che nulla e nessuno possa distoglierlo da questa sua occupazione e invece, di punto in bianco, costui spegne questo rumorosissimo aggeggio, lo ripone con estrema cautela sulla sabbia, afferra un secchio di plastica azzurrognola e si precipita a rotta di collo verso il mare vicino. Quando il secchio è pieno fino all’orlo, eccolo con due o tre balzi di nuovo accanto al suo ceppo intento a versare e fino all’ultima goccia disponibile tutta l’acqua marina appena raccolta sulla catena della motosega. Questa scena si è ripetuta sputata uguale parecchie volte di seguito. E ciò mi ha talmente disorientato che, non solo ho lasciato che  due malintenzionati si avvicinassero indisturbati al mio palo, ma non ho intenzione di fermarli neanche adesso che lo stanno strattonando senza tanti complimenti Inesorabilmente il palo si schianta con un lamentoso scricchiolio in mare. E già una impetuosa corrente che se ne stava ‘a li talà’ lo ghermisce decisa a portarselo a largo, ma un soccorrevole maroso glielo strappa dalle grinfie e, con ogni riguardo, lo riporta ancora grondante di schiuma a riva. In un batter d’occhi, i tre gli sono accanto. Lo girano più e più volte, poi lo sollevano come se fosse un fuscello e, percorso qualche metro, lo adagiano su un letto di trucioli profumati. Li ho seguiti con lo sguardo… Abilmente celata con della sterpaglia e qualche palata di sabbia, la trappola mi aspettava, forse da un’eternità… Sprofondo fino al bacino… Stringendosi strettastretta attorno ai miei piedi una… sì, una bocca mi risucchia verso il basso…

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