Genbraio. 5.4.
All’improvviso, una lampada brilla in fondo alla stanza… un ovale di luce opalescente cala indiscreto sopra i plumbei nuvoloni che Qualcuno, con mani sporche d’inchiostro, ha di recente tratteggiato in un foglio fissato con dello scotch sul ripiano biancomobydick di un tavolo lievemente basculante. Contemporaneamente, un ritmo martellante sminuzza un silenzio divenuto ormai insopportabile… un tam-tam soverchiante che scuote disancora smarrisce… mi guardo intorno in cerca di punti certi fermi sicuri… inchiodo gli occhi sulla ragazza ora seduta su un divanetto bluoltremare addossato alla parete allato a due occhiute finestre gemelle… mi colpisce la curata trasandatezza dei suoi indumenti, innegabilmente da zingara, e il lampeggiare di quei gioielli che le gravano tintinnando sul collo, sui polsi e sulle caviglie d’una esilità tale che sembra debbano da un momento all’altro spezzarsi. Stretta amorevolmente tra le braccia tiene una bambolona spelacchiata che fuoriesce all’incirca per tre quarti da una sformata pantofola di stoffa. I lunghi capelli corvini, mentre scimmiottano i movimenti ninnaninnosi del busto, le solleticano i seni che, nonostante l’età, sono già da donna fatta. Ogni volta che la bambola si trova in posizione orizzontale, le palpebre di gomma ombreggiate di violacosmo si abbassano sui suoi occhietti attoniti con un secco, metallico clik-clak. E quando ciò accade, la fanciulla piega d’un nonnulla il collo cignuto e assume una postura che la fa assomigliare ad una madonna di Raffaello. In questo preciso istante, un gran sorriso le addolcisce il viso imbronciato e, puntualmente, dal suo grazioso nasino all’insù cominciano a gocciolare moccichi luccicosi… e pare stia per addormentarsi… ma i suoi piedi nudi battuti sul pavimento al ritmo sempre più frenetico e trascinante della musica, tradiscono una incontenibile vivacità…