Nuvolotti bianchi, una pioggia cristallina cade, semina e si scioglie sulla pelle bagnata. Sull’insalata dei peli fittissimi del petto e della schiena riccioli neri. Volteggia il barattolo d’alluminio bucherellato:- asciugo e disinfetto, talco e sale, ha mai provato? – Mi strizza l’occhio, posa il barattolo su una panca, prende un telo e si striglia cosce ventre braccia ruota di spalle e si piega strofinando l’orecchio a stappo.
Di lato uno in costume e cuffia fruga in una sacca e tira fuori un libro. Quando mi passa accanto dirigendosi verso la vasca non riesco a leggerne il titolo. Un altro attraversa gli schizzetti d’acqua incrociati e si tuffa atletico nella piscina. Luce liscia che guizza. Odore melassa mista a cloro.
Non si può stare nell’acqua fermi, non si può sguazzare, ammollarsi, senza nuotare d’impegno e allenarsi. C’è uno che fa su e giù sul bordo della vasca e se non gli tornano le bracciate, s’incazza:
– problemi, si sente male? Testa sotto. La bracciata come a lisciare la pancia. – si china, segue, fa i gesti, si prende anche gli spruzzi d’acqua.
– C’è un’iscrizione da fare, un certificato medico da portare, un’entrata da pagare. Al momento non servono – voce bassa, mi giro, occhi grigi, fermi, ho accanto un altro istruttore, calzoncini, maglietta, capelli a spazzola, tarchiato, muscoloso e asciutto. – l’importante è la sua discrezione, diciamo pure, il suo opportuno disinteressarsi alle faccende … alla persona. Credo che lei sappia a chi e a cosa mi riferisco e meglio, ora, ancora in tutta tranquillità, comodamente dimentichi -.
Cerco di ricapitolare: squilli a intervalli regolari non rintracciabili e a sorpresa dietro un motivetto m’invita al bar meglio l’eco della vasca vuota chioccia molle trascinata pretende la cornetta avvolta in un accappatoio, mi vuole vedere in piscina per parlare d’interessi e sono qui e se avessi un tirapugni e lo sapessi usare. Gli do due colpetti amichevoli sulla spalla sinistra. Gli dico: – vedi che ti tocca fare per tirare a campare –
me ne vado.