“Quando Anto tornò a casa, trovò l’insonne e la giovane nel suo letto e venne rapito dal fascino della ragazza. L’insonne gli ispirò solo indifferenza. Anto guardò ancora la giovane e chiese “Perché non apre gli occhi?”. “Perché li ha prigionieri delle incrostazioni del sonno. Ha sempre dormito” rispose l’insonne. Anto si avvicinò alla giovane e vide che i suoi occhi erano completamente sommersi dalle secrezioni notturne. “E’ come se il sonno si fosse recluso” disse Anto. “Perché vuoi trovare tutte le posizioni?” chiese l’insonne. “Per non annoiarmi mai mentre dormo” rispose Anto, che continuava a fissare la giovane.” Antonio Rezza, Son(n)o, Bompiani 2005
“Figure dell’insonnia. Supino, in quiete; disteso su un fianco; supino a forbici; supino, e capovolto, con le mani piatte, sotto il costato; supino, una gamba mollemente divaricata e un braccio pensile; supino, col capo reclinato sulla tempia destra; disteso sull’altro fianco; capovolto e le braccia pensili; supino, e capovolto, a rana; supino, una gamba a cavalletto, e una mana rilasciata sul ventre; supino, con le mani sotto la nuca e le gambe sollevate, a compasso; supino, col capo reclinato sulla tempia sinistra; supino, con le braccia congiunte sopra il petto; supino con le gambe divaricate, i gomiti a cuneo sui fianchi, e le mani rilassate tra le ascelle; disteso su un fianco, con le braccia unite e proiettate in fuori; supino con la testa di qua dal cuscino e le braccia abbandonate, indietro, sopra di esso (che, a riguardarla dopo, benevolmente nella memoria, pare una stilizzazione contagiosa, elegante anche, quasi atletica, d’un atleta che sia andato a letto senza muscoli)… Figure che si scompongono e si ricompongono di continuo; e quando la loro animazione, di solito interrotta, avrà attinta una tregua, sarà soltanto perché sei stato, d’improvviso, miserdicordiosamente, assunto alla grazia docile di un sonnellino. Al risveglio, allora, non ti parrà più di sentire il tuo corpo, il volume e la tensione della tua carne; le membra, divenute fresche e soffici, saranno state cullate nella levità informe e senza peso di un’attitudine pre-natale.” Antonio Castelli, Gli ombelichi tenui, Lerici, 1962