Categorie estetiche XI: Non era la forma al limite criptozoologico delle montagne di Vereto

ho scritture al neon, appuntava sul muro, ma niente slogan o soluzioni immaginarie di un’esistenza volubile, incontenibile? dalle fruste, schioccano ali di pellegrino; qualcuno insiste: un gabbiano! chi non vede il pellegrino? se c’era una forma più adatta alla costruzione degli spazi, s’interrogava, era forse il salto, il passo o un gesto che fende, taglia l’aria e appare, nella condizione della sua dinamicità, per una frazione di secondo, poi scompare nell’azione successiva, si disperde in altro. quando esiste, allora, è per grazia e incostanza della presenza, se perdura è per difetto di postura, per malessere che ne rallenta l’azione, mutilandone a sua volta il taglio. Manul, dunque, lo studiava, ma non guardava il taglio, era il taglio, lo apprendeva eseguendolo. alla formatività faceva eco lo sconfinamento, l’oasi liminale delle forme indistinte. Armuz s’interrogava, dal canto suo, sull’esistenza di Manul, oracolo al limite criptozoologico delle montagne di Vereto. non era forma, urlava, era esistenza, evento, al limite, il limite stesso: parole sui muri.

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