MIRACOLO A VIGGIU’
Conclamato come farina di Belzebu’ eppure i saggi avevano ammonito a non disperdere il seme
Conclamato come farina di Belzebu’ eppure i saggi avevano ammonito a non disperdere il seme
Innumerevoli furono le carezze scarnificare come preludio a un amore nemico eppure barocco quando il guado dell’ Eufrate era ritenuto affare di bon bon per noi che immaginavamo l’ Apocalisse come una scacchiera infedele
A Samarcanda il diluvio sottese carezze di lussuria mistica eppure doverosa se comparate con il disappunto domenicale di una Vergine in attesa di un salutare intermezzo durante la buona novella
ci voleva il bisturi di ieri ultimo scorso per capire che la situazione non è tra le più commendevoli sicuramente per un problema di lascivie irrisolte eppure mon amour ci eravamo fatti false promesse in attesa di eluderle ancora
Non amour non ti scordare di calare la pasta che oggi mi pare un giorno meno felice di domani quando la boreale trasalira’ davanti alle nostre sulfuree complicità
E’ improprio navigare nella nevrosi senza prima accaparrarsi una dose sensata di glutine Maltese quello che lo sbirro del pianterreno provo’ a inoculare nel ventre di un marocchino sfiorito
amavo il parquet dove ti disincrostavi dalle buie malefatte di una balbuzie straniera eppure soavemente conciliante durante lo scintillio dei tamburi che inneggiavano alla tua limpidezza mio salvacondotto
era un bel tempo quello in cui salmodiavi senza capire che il vento avrebbe travalicato il nostro autunno fiero di aver superato il guado a prescindere tu che sei rimasta occasione unica di perdizione
Non so vorrei sapere ma poi non è così semplice sapere mentre tu mi schiodi dal torpore stupefatto di quella sera di gennaio quando improvvisamente e lunare hai annullato il mio respiro
Sono dal dentista e me le scoperei tutte. Ma dove cianci che la vecchiaia è un massacro diceva il colto Philip Roth ma io me ne fotto e immagino nonostante le screpolature indecenti che potrei ciurlare nel manico meglio di un albatros