l’imperatore cinese ha torto, gettandosi. brucia come un cespuglio. è per fede.
non si distingue più la scena, gli animali cadono dalla finestra,
cadono nel passato, si sfaldano queste piume nel tempo della geologia,
i pochi sopravvissuti decidono di ritornare a parigi, a roma, a londra, a new york, è per caso.
ma le città che li avevano generati non sono che altre recinzioni di carne.
è tutto bruciato con dentro le divinità. o non è tutto bruciato ma sempre con dentro le divinità.
meditano lungo i fiumi sulla rivalità fra l’iran e la siria.
però, che roba. i soldati si accampano come possono, ma non hanno nessuno più a cui rendere conto.
le frasi fanno il possibile per farsi rispettare
dal duca al marchese, dalla prima all’ultima le parti del castello sono state segnate.
dal carbone. dalle unghie che hanno tagliato o meglio graffiato il carbone.
resiste all’idea di spostare il cursore sul punto successivo.
il duca jesu toccandosi i seni esce sul ponte, -icello
basta descrivere le rocce e la faccenda sta a posto.
gli altri seguono, un po’ di maiuscolo un po’ no.
non è mai troppa la neve, escono anche gli insanguinati e quindi per gli scenografi è abbastanza più facile.
ultima scena primo piano sugli scalpi delle ammazzate.
in realtà si scopre che erano uomini.
gli scorpioni escono dalle vagine per difendere le donne insidiate e pungono e fanno dei ricami ovati.
raffaello sanzio viene pagato per scrivere tre lettere sulla cassa di legno del papa.
lo onorano nel pantheon, sarà stato alto un metro e mezzo, uno e cinquantacinque
(da l’età dell’età, 4)