CONSIGLI A ME STESSO PER QUANDO SARO’ GIOVANE di Francesco Gambaro

Consigli a me stesso per quando sarò vecchio è il titolo di un librino pubblicato da Henry Beyle le cui edizioni nessun umano, a meno non sia di razza milanese, dovrebbe mai comprare, in ossequio alla propria economia familiare, ai futuri lasciti testamentari, al decoro della propria biblioteca in cui l’oro risiede oltre l’affettazione di carta pregiata. Consigli a me stesso per quando sarò vecchio ma, diavolo di un Jonathan Swift, essendo vecchio, devo per forza ribattezzarlo e riscriverlo in Consigli a me stesso per quando sarò giovane. Donc: non sposare una donna vecchia. Non cercare la compagnia di vecchi, anche se sono loro a desiderarlo. Essere stizzoso, imbronciato, diffidente e, anche pocopoco frocio. Disprezzare gli usi del tempo, amare i tonti ma, anche, le mode dei tonti e fare, ton ton ton, guerra alla pace. Vezzeggiare i bambini sino all’arresto in teatro. Come Bob Dylan, raccontare la stessa canzone, sempre con lo stesso giro di do. Essere ladro di barboni e con loro apprezzare lo sgradevole olezzo della cacca rinsecchita tra i peli del culo. Essere severissimo con i vecchi e obbligarli a autoeliminarsi. Lasciarsi influenzare dai berlusconi e godere dell’essere servi. Consigliare a tutti di sproloquiare soprattutto sopra chi non è disposto ad ascoltarti. Desiderare di non avere amici piuttosto che avere amici che ti dicano, vacci piano. Parlare molto, soprattutto di me stesso. Vantarmi della debolezza, della mancanza di forze, e del non desiderio di gioventù. Prestare orecchio alle lusinghe, e al piacere della donna vecchia che mi maneggia con acqua calda nel bidé. Essere perentorio, categorico, mussoliniano di marmo. Cercare di osservare queste regole, rischiando di osservarle tutte.

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