COSTRUZIONE

 

è possibile che l’artista non sappia che oggetto intende realizzare fino a che questo non è collocato fuori dalla sua mente, in un disegno o nello spazio tridimensionale

 

«in certi casi, l’ignoranza anche di una sola proprietà dell’oggetto è sufficiente a far sì che uno non sappia di che oggetto si tratti» (1)

 

ha intenzione di realizzare l’oggetto in uno spazio a tre dimensioni, ma non tutte le proprietà dell’oggetto sono definite nella sua mente

 

«ho la sensazione che la maggior parte dei pittori non sappia cosa ha in mente finché non l’ha dipinta» (2)

 

eppure non si può negare facilmente che una persona sappia che cosa pensa o qual è il contenuto del suo pensiero, anche se non si basa su un’evidenza per saperlo

 

nei disegni di progettazione l’oggetto è definito in riferimento a uno spazio solamente dai numeri che indicano le sue misure

il processo di produzione avviene, in un secondo momento, alla cieca (non soggetto al pieno controllo dell’artista) e può portare a situazioni non previste

 

«una volta che l’idea del pezzo sia stabilita nella mente dell’artista e che la forma finale sia decisa, il processo viene portato avanti alla cieca. ci sono molti effetti collaterali che l’artista non può immaginare. tali effetti possono essere impiegati come idee per nuovi lavori» (3)

 

è possibile che gli effetti collaterali siano già presenti nella mente dell’artista come determinate proprietà dell’oggetto ignorate

 

sembra che l’oggetto esista nella sua forma compiuta, costruito e collocato nello spazio solido

 

e che l’oggetto mentale della situazione di inizio sia diverso dall’oggetto costruito nello spazio esterno

 

nel mezzo sta il passaggio da una intenzione a ciò che è oggettivo, questo avviene nel processo di produzione su cui l’artista non ha assoluto controllo

 

l’oggetto nello spazio è stato pensato

 

il processo di produzione e il pensiero non sono del tutto noti

 

è possibile immaginare il processo di produzione, la costruzione

 

esiste il materiale, alluminio, acciaio, cemento, legno, plexiglas, e la costruzione delle parti in un processo che non controllo e di cui non ho piena conoscenza.

 

ma si può ricostruire a partire dall’oggetto nello spazio solido e dal progetto

 

ci sono alcune fasi distinte

 

l’oggetto è disegnato senza che lo spazio sia rappresentato. non è cosa tra le cose, è isolato, come non sarebbe nello spazio solido di una stanza

 

l’oggetto è scomposto nelle sue parti e ricostituito attraverso il processo di produzione (4)

 

è collocato nell’ambiente, nello spazio solido, permanente, percepito o meno da un soggetto

 

 

(1) D. Davidson, Soggettivo, intersoggettivo, oggettivo, Raffaello Cortina Editore, Milano 2003.

«Il problema di fondo è semplice: se avere un pensiero significa avere un oggetto davanti alla mente, e se l’identità dell’oggetto determina l’identità del pensiero, allora deve essere possibile cadere in errore riguardo a ciò che si stava pensando. Infatti, a meno che non si sappia tutto dell’oggetto, ci sarà sempre un senso in cui non si sa di che oggetto si tratti. […] Il solo oggetto che potrebbe soddisfare la doppia richiesta di essere davanti alla mente e di essere capace di determinare il contenuto di un pensiero dovrà (come le impressioni e le idee di Hume) “essere ciò che sembra e sembrare ciò che è”. Non esistono oggetti del genere, né pubblici né privati, né astratti né concreti».

(2) The Collected Writings of Robert Motherwell, Oxford University Press, 1992.

(3) S. LeWitt, Paragraphs on Conceptual Art, Artforum, 1967.

(4) Analogo al processo di percezione di un oggetto fisico: «Infatti noi sappiamo che nei processi mediatori tra i due poli (oggetto fisico-oggetto fenomenico) l’unità dell’oggetto fisico va completamente perduta. Lungo il tragitto dalla superficie dell’oggetto alla retina dell’osservatore, le radiazioni sono completamente indipendenti l’una dall’altra; la retina a sua volta è costituita da un mosaico di elementi istologicamente separati (coni e bastoncelli) che vengono eccitati distintamente e che inviano ai centri superiori messaggi relativamente isolati». G. Kanizsa, Grammatica del vedere, Il Mulino, Bologna 1980.

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