da I GIORNI QUANTI (29)

Il Capitano disse si. Lo disse con la testa e con il cuore. Per questo gli altri non capirono e non se ne adirarono. Talè, disse mia nipote, quando io non capisco una persona cambio tavolino. Il Capitano stava ripetendo si ad una coppia di sposini che avevano perso già quattro cirivuava e ne desideravano fortissimamente un quinto, ma che questa volta fosse duraturo e, possibilmente, elettronico.

Il Capitano chiuse la porta della sua cameretta a doppia mandata. Nascose la chiave sotto il cuscino della sedia, soprattutto per evitare tentazioni di frapperò. Poi, con una pinta di caffè in pancia si sedette allo scrittoio con carta e penna. Disse: dunque. Incespicò. Rimase sette lunghi minuti senza fiato. L’indole gli suggeriva di risolvere tutto con un colpo di tosse. L’etica politica di cui si era promosso portavoce presso gli elettori gli ordinò di no. Il giorno dopo il quinto cagnetto era pronto per la consegna. Tutto avvenne in chiesa, davanti il Capitano che domandava “vuoi tu prendere Furfi (era stato battezzato così Furfi, esattamente come i precedenti quattro),vuoi tu prendere eccetera e loro che rispondevano: mah, dovremmo pensarci, ora su due piedi, un quinto cagnetto così subito, ieri noi se ne era soltanto parlato… Il Capitano -Prete scorciò la funzione e gliela riversò sopra.

Era invisibile, oltre che elettronico. Ma, come presto apprezzarono i coniugi amici del Capitano, scachettava in ogni angolo della casa. E fumava, lasciando nell’aria, un’inequivocabile traccia. Quando uno dei due coniugi aveva desiderio di Furfi, cercava nel posacenere, che Furfi aveva trasformato in vasino: altre inequivocabili care e vive tracce di Furfi. Furfi faceva pure la sua pipì, per la gioia dei suoi padroni, tre quattro volte al giorno, sui loro piedi.

Il Capitano, sempre più ispirato, non toglieva più la chiave da sotto il culo e scriveva messaggi per i posteri. ESSERE OGNUNO, CIOÈ’ TU. TU E TU. UN EROE CHE SI CHIAMA TU. TUTÙ.

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