Ma il vulnus, quello più doloroso era – dicevamo – la ‘truffa’, e cioè l’attribuzione della truffa in sede di valutazione: quel che non comprendi, lo giudichi male e duramente, del resto, è legge universale. L’ignoranza, giudica duramente, in effetti. Insomma, vi era il rischio che venticinque anni di lavoro concretamente vissuti, alla prova di una regola ottusa e ottusamente perseguita per urgenza dimostrativa, per necessità di riacquisire verginità (dopo asfissie burocratiche e inutilità politiche), svanissero per sempre. Sarebbe stato, a quel punto, come chiedere a Newton perché allora proprio quella mela e non un’altra un poco più in là. Sarebbe stato scoprire una foto del ’39 di Gandhi nel preciso momento in cui avesse acceso una sigaretta e rivederne così l’intera sua biografia – depotenziandola e infine rovesciandola – alla luce di un divieto e un politically correct di mezzo secolo successivo.
Ma sarebbe andata troppo per le lunghe per chi non comprendeva – dicevo -, per chi non comprendeva che anche il tempo di questa premessa aveva un costo in postazione lavoro, energia elettrica, tempo sottratto ad altre attività e che poteva essere recuperato solo attraverso un’accelerazione su altri fronti, che si definiva ‘organizzazione’ o, con parola assurda, ma oramai in uso, ‘ottimizzazione’. Ma cosa andavi a spiegare a chi per sua natura non poteva capire? Chi non comprende, rallenta, è anti economico; in sintesi, c’entra poco con il lavoro. Ma non lo sapeva!