“IN UNA CASA DI CAMPAGNA” di Francesco Gambaro

E’ strano come vivendo in una casa di campagna, ci si abitui a convivere con insetti e animali. Ci mancano solo i pesci, dico a me stesso. Mosche, quelle sempre anche da morte, come i millepiedi e i ragni e le formiche. Poi gechi con famiglia numerosa, lucertole che tentano il letargo nelle commessure delle porte, e farfalline della notte che anche di giorno si svegliano assecondando le abitudini della casa, e zanzare ataviche e impertinenti e ranette e parameci giganti, orribili alla vista ma delicati quando li tieni in mano, e gatti che si aqquattano con due q dietro la porta per un sorso di latte e latrati lamentosi di cani al momento che non te l’aspetti, e parenti che neanche con lo schiacciamosche e orsi bruni, babbaluci sprint, giraffe nane dal collo taurino, armadilli disarmati e iguane dappertutto naturalmente. Infine, anche un nido di giovani topi.
La bocca di una ragazza, che era rimasta a lungo nel canneto, / appariva tutta rosicchiata. / Quando le venne aperto il petto, l’esofago era crivellato di buchi. / Si trovò infine in una pergola sotto il diaframma / un nido di giovani topi. / Una piccola sorellina era morta. / Gli altri vivevano di fegato e reni / bevevano il freddo sangue ed era / quella passata qui una bella gioventù. / E bella e rapida venne anche la loro morte: / furono gettati insieme nell’acqua. / Ah, quei musini come squittivano!

Gottfried Benn, Bella gioventù, Morgue

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